lunedì 23 giugno 2008

Jazz Liberatorz


Rap e Jazz, pensare siano due cose distinte e separate è uno degli errori più ricorrenti. Pensate quanta gente si è espressa con questi due linguaggi. Il disaggio sociale, i sobborghi, la vita notturna, i sogni infranti precocemente e la luce della ribalta sempre più fioca sino a svanire. E’ così per tutto, certo, ma suoni e parole così preziosi e indissolubili creano un aspetto oserei dire magico. Allora chi sono i Jazz Liberatorz? Altro non sono che Dusty, Madhi e Damage. Tre produttori-musicisti del piccolo comune francese Meaux. Conoscitori di suoni derivati e continentali. Creatori di melodie testimoniate in anni di musica black. Il ritmo è stato formato, gli intenti ci sono, manca solamente metterli in pratica e scegliere la giusta attitudine per dare al tutto una conformazione. Per capirci meglio basta spostarci più ad ovest, in America precisamente, dove alcuni artisti prettamente underground praticano altri linguaggi, come il Rap, il Soul o il Funky. Si sceglie un punto di contatto e la fusione è completa. Ma non basta avere buoni propositi, bisogna anche avere un manifesto. Ovvero, questa fusione a cosa serve, per quale scopo esiste? Forse intelligentemente, forse bisogna crederci veramente, comunque sia il tutto viene dedicato all’era d’oro dell’ Hip Hop. Testimoniato dai continui riferimenti a nomi storici o comunque generazionali quali KRS-One, Rakim, Big Daddy Kane, Lauryn Hill, Talib Kweli, DJ Hi-Tek, Marley Marl, Madlib, Oh No, West Coast in generale e via discorrendo. Quello che viene fuori è “Clin D’oeil”, ovvero una strizzata d’occhio, simbolo di ammiccamento, come voler dire “guarda come li stupiamo!”. Ogni traccia non è staccata dal contesto, l’unità è il punto forte. La bravura degli artisti e la loro caparbietà è un altro punto essenziale. A disposizione dei tre produttori vi sono un gran numero di musicisti, che si districano fra sonorità eccellenti e chiare. Così tecnologia e strumentale tipica si mischiano dando inizio ad un insieme, sampler e piano forte sembrano dialogare e ad intromettersi ci pensano le voci umane. Sofisticate, dure, porose o accattivanti, ce né per tutti i gusti. Harlem, Queens, Baltimora, ma l’intento è sempre quello, esaltare ciò in cui si crede. Attraverso immagini bianco e nero, luci soffuse, locali notturni e periferie sporche. Tutto incentrato nella storia, non quella studiata a scuola, ma quella che si crea ogni giorno, mentre noi svolgiamo la nostra vita e qualcuno, chissà dove, ha posto radici per un suono secolare.

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ABOU-KHALIL RABIH

Casa Enja ci omaggia facendoci conoscere un esponente della grande musica del nord Africa.In questo disco la musica tradizionale si fonde felicemente con il jazz dando vita ad un imperdibile disco. Questo quinto album del grande compositore e virtuoso interprete del liuto arabo "oud" Rabih Abou-Khalil, libanese di nascita ma europeo per storia personale con "Blue Camel" diventa un vero fenomeno mondiale riuscendo a scalare le classifiche di vendita ed inaugurando una lunghissima serie di concerti in tutto il globo. Un disco assolutamente da non perdere anche per la straordinaria copertina, si va al di la della etno music contaminata, un melange abbastanza unico ed interessanre che forse richiede uno sforzo ascoltativo maggiore ma che ne ripaga pienamente lo sforzo una volta assimilato . Con Rabih Abou-Khalil (oud), Charlie Mariano (sax alto), Kenny Wheeler (tromba), Steve Swallow (basso elettrico), Milton Cardona (congas), Ramesh Shotham (percussioni), Nabil Khaiat (percussioni).....enjoy ....zero
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